Written by Redazione NunauDicembre 9, 2022

Alexa e Voice Search
Cosa è andato storto?

Si è molto discusso negli ultimi giorni sui rumor che vedrebbero Alexa responsabile di grandi perdite economiche per i bilanci di Amazon. L’assistente vocale presente in tantissime case tramite altoparlanti smart non ha dato i risultati sperati, ma la ricerca vocale rimane una delle certezze del futuro prossimo

Molte testate giornalistiche hanno fatto trapelare l’insoddisfazione in casa Amazon per il rendimento economico di Alexa, assistente vocale lanciato nel 2014 e installato su un gran numero di dispositivi Echo. Il proposito era in origine molto ambizioso: offrire un alleato che potesse ricercare informazioni, dare l’input per azioni domestiche, mettere musica, ordinare prodotti sull’e-commerce Amazon. Secondo i resoconti è proprio su quest’ultimo proposito che il progetto ha fallito.

I costi molto bassi a cui venivano venduti gli Echo dovevano essere recuperati grazie all’aumento di vendite generate tramite l’assistente vocale. Nella realtà dei fatti, per le ragioni più varie, ciò non è accaduto. Gli utenti italiani, ad esempio, si sono detti molto soddisfatti di Alexa, ma le sue funzioni – ad oggi – non vengono sfruttate a pieno. Viene infatti chiesto all’intelligenza artificiale di mettere musica, impostare sveglie, promemoria, timer, mettere un film o – in alcuni casi – di controllare piccoli elettrodomestici collegati grazie alla domotica. Se il futuro di Alexa e di altri assistenti vocali (Cortana di Microsoft o Bixbi di Samsung, ad esempio) è molto incerto, la ricerca vocale sembra aver conquistato la fiducia degli utenti. Scopriamo perché.

Voice Search: esplosione di query long tail

Chi si occupa di SEO avrà notato come, negli ultimi anni, la percentuale di query molto lunghe e “colloquiali” sia aumentato esponenzialmente. L’utente che cerca informazioni tramite voice search tende a riprodurre le strutture del parlato e quindi trasformare query tradizionali come “miglior aperitivo Milano” in “qual è il locale dove fare un buon aperitivo a Milano”. La tendenza è supportata dai dati: le query tradizionali comprendono dalle 2 alle 4 parole, quelle vocali arrivano fino a 10. In altre parole, gli utenti iniziano a dimenticare la semplicità del linguaggio informatico tradizionale per abbracciare interfacce più comode e semplici da utilizzare. Tale tendenza porta ad avvantaggiare tutti coloro che hanno investito in keyword long tail per il proprio sito, ovvero composte di più parole e concetti. Non a caso le attività più avvantaggiate sono quelle locali, più inclini a circostanziare il proprio campo di attività e la loro ubicazione in un determinato contesto geografico. Una ricerca del 2016 ha evidenziato come il 22% delle ricerche vocali complessive fossero rivolte alla ricerca di attività di quartiere nei dintorni.

L’identikit dell’utilizzatore di Voice Search

Tramite le più recenti statistiche è possibile circostanziare l’utilizzatore tipo della ricerca vocale, in modo da poter abbinare determinate query long tail a un certo tipo di utente. Chi usa la Voice Search è innanzitutto connesso da smartphone o – al più – da tablet. Il 20% delle ricerche effettuate da mobile sono di tipo vocale e, a riprova di ciò, il 57% di utenti in possesso di uno smartphone ha utilizzato almeno una volta la funzionalità offerta dai più comuni assistenti vocali. L’utilizzatore medio ama svolgere azioni in multitasking: chi usa la ricerca vocale, nel 61% dei casi, ha le mani occupate per guidare, cucinare, lavorare in ufficio e non solo. Dato controintuitivo riguarda invece la fascia d’età che ama di più la ricerca vocale. Nonostante la tecnologia sia diffusa abbastanza equamente, gli utilizzatori più frequenti (almeno una volta al giorno) risultano essere i Millennials (25-49 anni); seguono gli utenti nella fascia d’età 50+; concludono la classifica i Gen Z (18-24 anni). Si può dedurre che i più affezionati alla ricerca vocale abbiano anche un potere di spesa migliore.

Come approfittare della Voice Search per migliorare il proprio business

I dati mostrano chiaramente come le piccole attività, il cui core è la vendita al dettaglio, dovrebbero adattare la propria strategia SEO al Voice Search. È quindi importante rivedere le proprie keyword di riferimento, che dovranno farsi più lunghe e specifiche. Molto utili possono essere le statistiche (fornite anche da Google) sulle parole più ricercate in ambito di input vocali. A livello mondiale queste sono “how”, “what”, “best”, “the”, traducibili in italiano con “come”, “cosa”, “migliore”. Fondamentale anche curare attentamente la propria scheda Google My Business, in cui inserire tutte le informazioni necessarie per farsi trovare da potenziali clienti. GMB è direttamente collegato a Google Maps, una piattaforma importantissima per essere cercati da persone che sono nelle vicinanze. Se la ricerca vocale è così utile e diffusa, allora, perchè si parla della poca redditività di Alexa? Probabilmente per un frainteso nella popolarità della Voice Search: utilizzata, in definitiva, per trovare informazioni, creare relazioni, cercare nuovi luoghi o assolvere a semplici compiti e non per convertire o monetizzare nell’immediato.

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